Il ritrovamento dell’immagine
(di Giuseppe Bologni)
Nella chiesa di San Giuliano a Settimo (Scandicci) si venera un’ immagine, in terracotta policroma, chiamata Madonna dei Fiori. Questa terracotta raffigura Maria, seduta di profilo, che si compiace del vivace Bambino sedutole in grembo, con il dito in bocca e che si sente protetto dalla madre.
In passato questo grazioso bassorilievo fu creduto opera uscita dalla bottega del Rossellino o di Benedetto da Maiano (1), ma di recente la critica, dopo un attento esame dell’ analogo bassorilievo sito nel tabernacolo di via Pietrapiana angolo via dei Pepi (Firenze), ha attribuito entrambe le opere alla scuola donatelliana, che infatti furono esposte per la prima volta insieme alla mostra Donatello e i Suoi tenuta nel Forte Belvedere dal giugno al settembre 1986 (2). La realizzazione del panneggio, la spilla, che ferma il mantello, con la testa di cherubino, il sedile dorato, il bambino con il dito in bocca, sono tutte particolarità riscontrabili in altre opere di Donatello e che sembrano avvalorare l’ ipotesi di attribuzione alla scuola donatelliana. Comunque sia queste immagini sono attribuibili ad un’ eminente scuola scultoria fiorentina quattrocentesca per la loro leggiadria, per l’ emozione di dovizioso affetto della Madonna nonché per la sua raffinata formosità.
Fino ad oggi non sono apparsi documenti che testimonino il modo e la data di ritrovamento della Madonna dei Fiori, la cui storia ci è stata tramandata in primo luogo dalla tradizione orale. Solo si conosce quanto scrisse, a metà ottocento, il cancelliere della Curia Arcivescovile Fiorentina nella sua raccolta di notizie storiche, tratte da diversi autori :” … si venera in fondo all’ altare proprio di marmo una immagine di Maria SS. di terra rossa, trovata nella villa Baldesi nell’ occasione che i Pisani si portarono a Firenze al tempo della Repubblica, da’ quali, facendo uno scavo per comodo loro, fu trovata detta Immagine e subito, benché di gennaio, fiorì una barca di sarmenti per cui si chiama la Madonna de’ fiori. Si fa la festa la Domenica in Albis con gran concorso di popolo che vi ha devozione, portandola il giorno in processione”.(3)
L’affermazione del Santoni, che il ritrovamento dell’ immagine avvenne all’ arrivo dei Pisani al tempo della Repubblica Fiorentina, fa pensare che la scoperta sia avvenuta prima del 1530, perché a quella data Firenze, assediata dall’ esercito dell’ imperatore Carlo V, perse la sua costituzione repubblicana e fu eretta in ducato a favore di Alessandro de’ Medici.
Si può opinare che la comparsa dei Pisani nella piana di Settimo, avvenuta al tempo della Repubblica Fiorentina, fosse da riferirsi alla discesa in Italia nel 1494 del re francese Carlo VIII. Il Re entrò in Toscana per la via di Pontremoli e dopo aver campeggiato in Lunigiana e saccheggiato Pontremoli si diresse verso Firenze. Giunto a Pisa, trovando la città tumultuante contro la dominazione di Firenze, incoraggiò la ribellione per cui il popolo furibondo abbatté tutte le insegne fiorentine. Pisa per mezzo di Carlo VIII ottenne la libertà. (4) Il Re poi riprese la marcia alla volta di Firenze, ma prima di entrare in città soggiornò per alcuni giorni a Signa col suo poderoso esercito. (5) Si calcola che fosse formato da più di sessantamila soldati, divisi in fanti con picche e alabarde, artiglieri, balestrieri e numerosi reperti di cavalleria. Verosimilmente un tale esercito non poteva tutto sostare nella piccola Signa, per cui si sarà sparso anche nell’ attigua piana di Settimo, dove vi era una vasta prateria dalla quale facilmente si poteva reperire il foraggio per i cavalli. Probabilmente parecchi Pisani si saranno aggregati al seguito dell’ esercito e alcuni di loro, scavando nei pressi della villa Baldesi, situata nella zona di Settimo, per fare una latrina per proprio uso avrebbero trovato un’ immagine della Madonna. Una catasta di sarmenti posta nelle vicinanze fiorì pur essendo gennaio e per tale ragione l’ immagine ritrovata fu detta Madonna dei Fiori.
Viene da chiedersi perché mai questa immagine fosse stata sotterrata. Probabilmente il proprietario, ritenendola opera di valore, la nascose per evitare che subisse danneggiamenti o addirittura che fosse asportata. Poiché Carlo VIII entrò in Firenze con la lancia sulla coscia il 17 novembre 1494, si può presumere che la data di questo ritrovamento risalga al gennaio 1495. Può sembrare un’ ipotesi scaturita dalla fantasia ma non è affatto illogica.
Presso villa Baldesi, poi villa Taddei, la tradizione e il Santoni situano dunque il luogo del ritrovamento dell’ immagine. La villa, all’angolo della recente via delle Nazioni Unite con la vecchia via del Botteghino, è stata ristrutturata insieme all’ annessa scuderia ed è oggi sede di uffici. Sopra il suo portale vi è lo stemma della nobile famiglia dei Baldesi, un leone rampante che sormonta cinque colli, e la scritta “VILLA BALDESI MDCXXXXI”. All’ epoca del ritrovamento della Madonna questa dunque non esisteva, ma è ragionevole presumere che al suo posto vi fosse un altro edificio successivamente trasformato in villa proprio nel 1641, per cui in seguito si fece riferimento alla villa Baldesi come luogo del reperimento della sacra immagine.
Il culto
La venerazione dell’ immagine della Madonna dei Fiori andò sempre crescendo raggiungendo il culmine nel XVII secolo, come è dimostrato da un’ iscrizione su una lapide di pietra, scoperta di recente, sotto l’ altare eretto in suo onore nel 1658 nella controfacciata a destra entrando nella chiesa. Questo altare fu voluto da Teodoro Baldini, abate vallombrosano, e dal suo fratello Bartolomeo, pievano della chiesa di San Giuliano in quel periodo.
DEI GENITRICI MARIAE
EXIMIAE DEVOTIONIS CAUSA
DD. THEODORUS ABBAS VALLVMBVS
EIUSQ FRATER BARTHOLO BALDIN
HVIVS ECCLESIE PLEBANVS
DICARUNT
ANNO DOMINI 1658
Alla Madre di Dio Maria, a motivo della straordinaria devozione, i signori Theodoro, abate vallombrosano e il fratello di lui Bartolomeo Baldini, pievano di questa chiesa, dedicarono nell’ anno del Signore 1658.
I fratelli Baldini erano oriundi di Castiglione Fiorentino, come si rileva da un’ altra iscrizione su una lapide posta in memoria dell’ erezione dell’ altare nella controfacciata sinistra. Tale altare fu edificato in onore di Sant’ Antonio da Padova, in ringraziamento dei benefici ottenuti da Dio mediante la sua benigna intercessione. (6)
Il culto della Madonna dei Fiori venne fortemente ostacolato, come quello di tutte le immagini venerate nel Granducato di Toscana, in seguito alle deliberazioni del famoso sinodo di Pistoia del 1786, voluto dal vescovo giansenista della diocesi di Pistoia e Prato, Scipione de’ Ricci. Il sinodo fu patrocinato dal granduca Pietro Leopoldo che, ispirato da un rigido giurisdizionalismo, ne adottò le deliberazioni riformiste rendendole esecutive. Una delle riforme era volta a contrastare la devozione delle immagini sacre scoprendole in maniera continuativa alla pubblica visione, mentre in precedenza queste, per deferenza, erano tenute coperte da tendaggi e rese visibili solo nel giorno della ricorrenza della loro festa o in particolari occasioni.
Di questo argomento il Carocci trovò memoria in un vecchio libro di ricordi che ebbe modo di consultare nell’ archivio della Pieve : “ Ricordo come in questa chiesa vi erano due immagini coperte: era un crocifisso che si venera all’ altare così detto del Crocifisso, l’ altra della Beatissima Vergine Madonna dei Fiori. Il 3 di ottobre dell’ anno 1789 il Signor Pievano le dové scoprire, come fece per ordine di SAR comunicatogli dal Signor Podestà di Lastra a Signa. Quindi i popolani di questa cura si collettarono per tenere continuamente il lume all’ immagine della Madonna, onde il Sig. Pievano per maggior pulizia fece fare due lucentori di ottone e li destinò per servizio del medesimo altare”.
Fa seguito un’ altra memoria: “Ricordo come il dì 8 giugno 1790 il Sig. Piovano ricoprì la sopraddette immagini come fu fatto in tutta la Toscana per prevenire i tumulti dei popoli i quali si fecero intendere ai superiori a volerle coperte,
altrimenti avrebbero seguito l’ esempio dei Pistoiesi e Pratesi che le ricoprirono tumultuariamente”. (7)
Il Carocci osserva:” Il Crocifisso in parola è un modestissimo lavoro di scultura lignea al quale fanno corredo sei piccoli dipinti sul rame di discreta fattura. L’ altare che racchiude l’ immagine fu fatto fare dal canonico Cambio Anselmi nel 1656. La Madonna detta dei Fiori è una vaghissima opera della fine del XV o dei primi del XVI secolo. La Vergine, mezza figura seduta di profilo, tiene in grembo il Bambino Gesù: attorno è un grazioso fregio di cherubini. E’ un delicato rilievo di terracotta che ricorda la scuola del Rossellino e di Benedetto da Maiano. Peccato che esso sia stato goffamente imbrattato di colore”.
Si giunse ad invocare l’ aumento del culto, già fervidissimo, della Madonna dei Fiori, come dimostra la lapide posta nel 1822 a ricordo del rifacimento in marmo e della copertura in oro dell’ altare già dedicato alla Madonna. Era il tempo in cui era pievano Don Vincenzo Ciacchi.
D.O.M.
UT ERGA DEI MATREM CULTUS
IN DIES MAGIS MAGISQUE AUGEATUR
IUSDEMQUE IN PRESIDIUM CONTI-
NUE CONFUIATR. HANC ARAM FIDEM
B.M.V. A FLORIBUS NUNCVPATAE IAM
DIU DICATAM SUIS IMPENSIS E MARMO-
RE CONSTRUI AUROQUE OBDUCI PLEBA-
NIAE INCOLAE CURARVUNT AN. MDCCCXXII
Affinché verso la Madre di Dio aumenti il culto di giorno in giorno sempre di più e ci si rifugi continuamente sotto la sua protezione. Questo altare già da tempo riconosciuto dedicato alla stessa Beata Vergine Maria, chiamata dei Fiori, a proprie spese gli abitanti della pievania curarono che venisse costruito in marmo e coperto di oro. Anno1822.
La devozione continua
Di recente, nel 1986, il popolo della pievania ha voluto riportare il tempietto della Madonna dei Fiori alla sua piena bellezza. Rimuovendo il color cenerino che ricopriva l’ altare, tornava alla luce la pittura in bianco e in oro eseguita nell’ anno 1822 e contemporaneamente, abbattendo il paliotto in finto marmo, ricomparivano i balaustrini che sostengono la mensa e la lapide dedicataria del 1658 dei fratelli Baldini.
Sempre grande è stata ed è ancora la venerazione per la Madonna dei Fiori nella chiesa di San Giuliano a Settimo da parte del popolo della pieve e dei popoli delle parrocchie vicine. La grande festa della Madonna si celebra nella Domenica in Albis con un’ esposizione della Vergine sull’ altar maggiore, incorniciata da una bellissima ghirlanda di fiori, e con la processione serale. In questa domenica si può lucrare l’ indulgenza plenaria concessa dal papa Pio IX. (8)
Nonostante la difficoltà di reperire i rarissimi documenti, affidandomi anche alla tradizione, ho cercato di portare un piccolo contributo, talora ipotetico, alla storia della Madonna dei Fiori, con la speranza che altri, in seguito, vorranno continuare nella ricerca.
NOTE
1, Carocci G., I Tabernacoli Fiorentini, in Arte e Storia 1905, n.c.
2, Guarnieri E., Le Strade di Firenze, I Tabernacoli e Le Nuove Strade, vol. VII. Firenze, 1987,
pp. 225-26.
Catalogo della mostra Donatello e i Suoi. Firenze, 1986, pp. 155-56 (cfr. C. Avery,
ibidem pp.153-55).
3, Santoni L., Raccolta di notizie storiche riguardanti le chiese dell’ Arcidiocesi di Firenze tratte
da diversi autori. Firenze, 1847, p.266.
4, Capponi G., Storia della Repubblica di Firenze, Tomo II, Libro VI, Cap. I. La Spezia, 1990
p. 208.
5, Ibidem p.213
Piccioli A., I principali fatti della storia della Toscana, vol. II. Firenze, 1856, pp. 130-31.
6,
D. ANTONIO PATAVINO
CVIS INTERCESSIONE
CVM MVLTA A DEO ACCEPERINT BENEFICIA
D. THEODORVS ABBAS ET VISITATOR VALLOBROSANVS
ACD. BARTHOLOMEUS HVIVS ECCLESIE PLEBANVS
GERMANI FRATRES DE FAMILIA BALDINORVM
A CASTILIONE FLORENTIN ORIVNDI
GRATI ANIMI IN IPSVM SANCTVM
EIDEM ARAM HANC
STRVXERVNT ET DEDICAVERVNT A.D. 1656
Al Divo Antonio da Padova, per sua intercessione ricevettero molti benefici da Dio, il signor Teodoro, abate e visitatore vallombrosano, e il signor Bartolomeo, pievano di questa chiesa, fratelli germani della famiglia dei Baldini, oriundi di Castiglione Fiorentino, con grato animo per questo Santo, a lui costruirono e dedicarono questo altare. Anno del Signore 1656.
I fratelli Baldini dovevano appartenere a una famiglia nobile e benestante, come si rileva dal fatto che a proprie spese potevano erigere l’ altare dedicato a Sant’ Antonio da Padova e quello della Madonna dei Fiori. Inoltre sulle cornici in pietra che sovrastano due confessionali incassati nel muro, datati 1666, è inciso il nome del pievano Bartolomeo Baldini e scolpito lo stemma di famiglia. Questo stemma si trova anche nella facciata della chiesa, in basso e a destra di chi guarda. Esso rappresenta un leone rampante con la zampa posteriore sinistra poggiante sul terreno, mentre la destra è inclinata, e con le zampe anteriori divaricate, delle quali la destra è più alta e quasi in verticale. La coda biforcuta è alzata ad S.
Nel 1655 Cosimo Ulivelli dipinse nella tribuna della chiesa di San Giuliano a Settimo il titolare della chiesa insieme a San Bartolomeo, nella persona del quale ritrasse il pievano Bartolomeo Baldini, fratello di Teodoro, ospedalingo degli Innocenti. (Archivio della Curia Arcivescovile Fiorentina, sezione Celso Calzolai. Alla voce Settimo, scheda n° 12). Le pitture sulla tribuna furono ricoperte da calce ma sono state riportate alla luce con l’ ultimo restauro.
7) Carocci G., Illustratore Fiorentino. Lo scoprimento delle Immagini. Firenze, 1905, pp. 145-46.
8) Gravina L., Una visita a San Giuliano a Settimo Pieve Millenaria. Firenze, 1941, pp.17-18.