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ORIGINI
 
Alla ricerca dell’origine della Pieve di San Giuliano a Settimo

(di Giuseppe Bologni)

Prima di trattare dell’origine della Pieve di San Giuliano a Settimo é necessario dare un rapido sguardo alla Plebs, popolo, dal significato di distretto in collegamento con le prime istituzioni romano-cristiane costituitesi solo nell’Italia centrosettentrionale, entro il territorio della già Gallia cisalpina.

La Pieve, Plebs, primitivamente indicava la comunità rurale dei battezzati con la chiesa battesimale, matrice di tutte le chiese minori del distretto nelle quali non si somministrava il battesimo. Nell’Italia centromeridionale, dove non esisteva l’istituzione della Pieve, le parochiae avevano tutte il fonte battesimale a differenza delle parrocchie centrosettentrionali.

La Pieve in genere sorgeva in un luogo compitum (da com petere, giungere, adunarsi), dove in precedenza vi era il culto agreste pagano. Il compito era un punto d’incrocio di varie vie che dividevano i poderi. Il compito era il tradizionale luogo di convegno, concilium pagi, degli abitanti dei villaggi attigui. I magistri pagi, assistiti da quattro ministri, facevano in giorni addetti le rituali offerte, compitalia, agli Dei, sacrificando un porco, ovini o un toro, suovetaurilia, sugli altari all’aperto. I compitalia si facevano il 5 gennaio, cioè al termine della semina ed erano preceduti da i saturnali dal 17 al 19 settembre in onore di Saturno fondatore e protettore dell’agricoltura per i Romani. Inoltre le rituali offerte propiziatorie erano rivolte anche all’anima dei defunti virtuosi che divenivano geni tutelari, lari compitali. Successivamente nel compito venne eretto un tempietto il quale aveva uno o più ingressi a seconda del numero delle strade che vi convergevano.

Con l’avvento del cristianesimo al tempietto del compito dove si riunivano i pagani, concilium pagi, si sostituì la chiesa della Pieve centro di adunata e di preghiera dei battezzati.

A confermare questa tesi è in Toscana il persistere di alcuni toponimi. Compito è una località in Val Tiberina in provincia di Arezzo nei pressi della Pieve di Santo Stefano. Un altro toponimo, Pieve di Compito, è nella comunità di Capannori in provincia di Lucca. Compitano è la zona che si estende a Settentrione dalle falde del Montepisano e precisamente dallo sperone di Massa Macinaia fino a San Ginesio. Nel Compitano, oltre alla Pieve di Compito, intitolata a San Giovanni Battista, vi sono chiese filiali della Pieve con il medesimo attributo: Sant’Andrea di Compito, San Michele di Compito, San Michele di Calognara di Compito, San Ginesio di Compito e Santa Maria di Colle di Compito.

Il ripristino delle chiese pievane, di solito in stile romanico, ha messo spesso in evidenza vestigia che testimoniano la loro erezione su luoghi di culto pagani romani o etrusco-romani, situati all’incrocio di vie importanti. A dimostrazione di ciò si riporta un solo esempio, non avendo la pretesa di uno studio archeologico e per non appesantire la lettura. Si tratta del restauro della Pieve di Socana nel Valdarno casentinese presso la riva destra dell’Arno quasi dirimpetto al vilaggio di Rassina. Gli scavi in questo luogo hanno messo in evidenza che nell’età etrusca vi era un tempio di notevole importanza; si nota ancora una scalinata in cima alla quale vi sono tre basi di pietra dove poggiavano le colonne di legno del tempio. Inoltre appare alla vista ben conservata una grande area sacrificale etrusca in pietra, circondata da un muro perimetrale formato da grossi blocchi di tufo soprammessi a secco. Sono venuti poi alla luce della successiva epoca romana molti reperti, recipienti oleari e vinari, mattoni di grande spessore con il marchio di fabbrica, piccoli mattoni con impresse l’effigie di divinità locali. Con l’avvento del cristianesimo, come altrove, sui ruderi del tempio etrusco e poi romano venne eretta la chiesa dove si riunivano i battezzati.

In seguito all’editto di Milano del 313 che dava libertà ai cristiani e all’editto di Teodosio dell’anno 392 che riconosceva la religione cristiana la sola ufficiale dell’impero, Firenze si dimostrò nel IV secolo fedele alla nuova religione. A dimostrazione di ciò è la venuta del vescovo Ambrogio di Milano a Firenze per consacrare nell’anno 393 la chiesa di San Lorenzo, ritenuta la prima chiesa eretta nella città. Al contrario nelle campagne circostanti persisteva ancora il paganesimo. La sconfitta del 23 agosto 405 del re goto Radagaiso[1] da parte del generale Silicone[2], dette un colpo grosso al paganesimo per cui anche nell’agro fiorentino di espanse il cristianesimo.

Nella campagna fiorentina una vasta pianura, a Nord limitata dalla riva sinistra dell’Arno e della Greve, a Sud da una catena di colline, costellata oggi da edifici industriali e commerciali, era all’epoca frazionata dalla centurazione romana come è dimostrato da alcuni toponimi, Mantignano, podere di Amantiniano, praedium Amantinianum, Ugnano, podere di Annio, praedium Annium, Sollicciano, podere di Silicio, praedium Solicianum. Di questa pianura fa parte la zona chiamata Settimo. Questo nome verosimilmente è derivato dalla numerazione della pietra al settimo miglio[3], ad septimum lapidem, della via da Florentia a Pisa. Ad alcuni nacque il dubbio di una diversa origine del nome Settimo, perché da Firenze al luogo in questione non vi sono sette miglia ma cinque e mezzo. C’è da obbiettare che non conosciamo l’esatto inizio della numerazione e né l’itinerario preciso della via. Il percorso della via potrebbe essere stato tortuoso e non in linea retta come oggi, poteva all’inizio volgere verso Scandicci, dove forse vi era il solo ponte che attraversava il fiume Greve.

A proposito di ciò il Richa scrive «che il numero delle sette miglia non torna; mentre anco il P. Baccetti le pone 5 miglia distante da Firenze, noi risponderemo col detto Borghino e col signor Lami nell’Odeporico: che tale diversità nasce dalla determinazione differente delle miglia romane alle nostre: corrispondono, soggiunge Cosimo della Rena … la vecchia misura di mille passi romani, alla nostra moderna del piede di Luitprando[4] come il 5 a 4. Il perché tornano adesso le miglia di Settimo solo 5 e tre quarti».

Il Lami in Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta riporta in un atto di donazione del 9 luglio dell’anno primo del regno di Carlo Magno in Lombardia (774), nel quale sono citate le località Settimo e Palude.

Rotrunda figlia del fu Faraone, vestita con il velo di religiosa, dona a Vuilduprando una corte posta in Cersino (oggi Cercina) in località Serviano presso la Pieve di Santa Gerusalemme (oggi S. Andrea). Affinché fosse assicurato un beneficio di tale donazione, Vuilduprando volle che fosse ipotecata a favore di lei la terza parte dei suoi beni in località Settimo e in Palude.

Rotrunda religionis velamen induta filia quondam Faraoni donat Vuilduprando filio q. Gansindi quaedam bona ibi ita descripta: Curtes et forte illa quod havere visa sum ( sic loquitur in persona prima ) locus qui dicitur Cersino, ubi Serviano  vocatur, qui tenta fuit per Marinulo Massario, et usque modo Ghisus per beneficium habuit, et est posita iuxta Plebem Ierusalem; et si unquam vincerentur, hypothecavit et voluit dictum Vuilduprandum consequi posse pro dictis bonis donatis tertiam portionem ex cunctis casis  et omnibus rebus suis positis in loco Septimo aut Palude. Actum in loco Cersino, finis Florenciae, regnante Carolo divina favente clementia Rege, Anno regni eius in Italia primo, die nono mensis Julii, Indictione 13.

Si può arguire che nell’agro di Settimo in epoca romana all’incrocio di varie vie campestri si sia formato il compitum. Su questo centro di riunione pagana, in seguito all’espansione del cristianesimo nelle campagne, ebbe probabilmente l’origine della Pieve a Settimo con la primitiva chiesa battesimale.

L’archeologia non ci aiuta a confermare l’ipotesi dell’origine di questa Pieve, perché non vi sono stati fatti scavi né nell’interno né all’esterno della chiesa, per mezzo dei quali potrebbero essere venuti alla luce importanti reperti. È verosimile che il primitivo pavimento della chiesa dev’essere più basso di circa un metro di quello attuale, come fanno la spia i pilastri che appaiono un po’ troppo bassi per l’architettura della chiesa, essendo ricoperti alla base. È un aspetto che si nota bene nella chiesa di Mantignano e nel complesso di Badia a Settimo. Ciò sembrerebbe l’effetto di un bradisismo, invece è il risultato di frequenti esondazioni dell’Arno e della Greve nel Medioevo in assenza di arginatura. L’acqua ritirandosi lasciava sul terreno uno strato di fanghiglia. Per il ripetersi degli straripamenti il terreno si alzava e gli edifici oggi sembrano abbassati.

La prima notizia della Pieve a Settimo ci è data da Ughelli nella sua Storia Sacra, citando uno strumento di donazione dell’anno 724, (anno dodicesimo di Liutprando, re dei Longobardi).

Il vescovo Specioso di Firenze dona al capitolo della sua cattedrale la corte[5] con i suoi annessi, già beni dei suoi genitori, situati presso il fiume Greve in località Cintoia e il territorio della Pieve di San Giuliano a Settimo.

In nomine Domini, et Salvatoris nostri Jesu Christi, regnante piissimo, atque perpetuo a Deo conservando Domino Luitprando eccellentissimo Rege gentis Lungobardorum anno felicissimo Regni eius duodecimo indictione septima feliciter. Et ideo Christo ductore ego Speciosus Episcopus nimis peccator, et indignus per presentem salutem, et aeternam, sic volo, atque dispono, qualiter Domino adiuvante de curte, et rebus in eis, qui sunt positae in loco fluvio Greve, uti etiam Cintoria nominatur, infra plebe, et Episcopio B. Joannis Baptistae, vel Reparatae Martyris, unde ego Episcopus esse videor, seu infra plebe, et territorio S. Juliani, dicto Septimo , qui fuerunt gentiroris, et genitricis meae, exinde fieri debeat.

            Ideo confirmo, et statuo, atque offersionis nomine offero, et trado tam supradictam Curtem, quam et cum omnibus rebus ad ipsam pertinentibus….angarialibus, vineis, silvis, pratis, pascuis, locis acquariis, vel ubicumque ad praedictam Curtem inveniri potest pertinentibus in Ecclesia, et Canonica Beati Joannis Baptistae, tam ad ipsos Canonicos, qui  modo pro tempore sunt, quam qui tunc futuri erunt, ut habeant, firmiterque teneant, possideant, laborare faciant, et ex ipsis frugibus communiter sereficiant, et haec chartula  offersionis nomine firma et stabilis permaneat semper.

Il Repetti all’articolo Borgo San Donnino riferisce di un atto stipulato in Quaracchi nell’agosto del 866, appartenente alla nobile famiglia Mazzinghi di Firenze, che in quel lontano tempo aveva il giuspadronato della chiesa di San Donnino a Brozzi. Questa chiesa all’origine era un semplice monastero sotto la dipendenza della Pieve di San Giuliano a Settimo fino a quando, promossa in parrocchia, fu assegnata al piviere di San Martino a Brozzi.

Le citazioni riportate dall’Ughelli e dal Repetti fanno conoscere che nell’VIII e IX secolo la Pieve di San Giuliano a Settimo era ben conosciuta.

Si può opinare che questa Pieve ebbe origine fra la fine del IV e l’inizio del V secolo, quando il cristianesimo si era già bene affermato nelle campagne.

Senza dubbio la Pieve sarà sorta su un luogo di culto pagano. Purtroppo la mancanza di ricerca archeologica non può avvalorare questa opinione.

Il resto di una lapide indecifrabile murata nel primo pilastro destro, entrando, nella chiesa della Pieve è un’arca marmoria, ritenuta dalla critica appartenente al II o III secolo, fanno pensare che nel luogo sopraddetto ci fosse stata una necropoli pagana e successivamente un cimitero paleo-cristiano.

Intorno al mille, durante la dinastia dei cadolingi fu costruita nella Pieve, che sempre più si affermava e diveniva matrice della chiesa viciniori, una chiesa in stile romanico, con muri eretti con pietre sovrapposte a filaretto, con tre apsidi volte a Oriente, tre navate, probabile cripta e con copertura del tetto a capriate.

Purtroppo nel tempo questa chiesa subì trasformazioni, specialmente nel Settecento, allo stile romanico subentrò un discutibile barocco.

Ho cercato, nonostante scarsissimi documenti, di fare un piccolo saggio sull’origine della Pieve di San Giuliano a Settimo. Chi volesse continuare la storia della Pieve è necessario che consulti le carte della Badia a Settimo.



NOTE



[1] Radagasio, re goto, scese in Italia con un orda composta da Goti, Alemanni e Barbari di ogni genere. Assediò Firenze. Fu sconfitto da Stilicone nei pressi di Fiesole, fu fatto prigioniero e decapitato.

[2] Stilicone, nato circa nell’anno 360, chiamato da San Girolamo semibarbarus, perché il padre era un valoroso vandalo comandante un raggruppamento di cavalleria sotto l’imperatore Valente e la madre quasi certamente romana. Fu un generale e contemporaneamente un uomo politico sotto l’imperatore Teodosio. Tollerante con i cristiani, permise libertà di culto ai pagani. In seguito ad una rivolta di truppe romane si ritirò in un asilo a Ravenna, da dove uscì allettato da promesse ingannevoli. Fu giustiziato il 22 agosto 408.

[3] Miglio, milia passim, unità di misura iterineraria corrispondente a mille passi lunghi romani, ogni passo misurava m. 1,48. Quindi il miglio romano era di m. 1480.

[4] Liutprando, re dei Longobardi, regnò dal 712 al 744.

[5] La corte, curtis, nell’economia agraria dell’alto medioevo era un complesso di costruzione rustiche e di terreno coltivabile. La conduzione della corte era regolata dal sistema curtense. Si distingueva una pars dominica dove il proprietario lavorava direttamente e una pars massaricia lavorata per concessione dai coloni in cambio di canoni in derrate o in denaro e di prestazioni.

BIBLIOGRAFIA

Bargellini P., Guarnieri E., Le strade di Firenze, vol. II, Firenze, 1977, p. 199; vol. V, Firenze, 1978, pp. 90, 221.

Lami G., Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta, Tomo II, Firenze, MDCCLXI, p. 1116.

Lopes Pegna M., Le origini di Prato e della sua industria laniera in Archivio Storico Pratese, anno XXXVI, Prato, 1961, pp. 7, 24.

Repetti E., Dizionario geografico fisico e storico della Toscana, all’articolo Borgo San Donnino, Firenze, 1835, p. 343.

Richa G., Notizie Storiche delle Chiese Fiorentine, Firenze MDCCLVIII, p. 191.

Santoni L., Notizie Storiche riguardanti le Chiese dell’Arcidigesi di Firenze, Firenze, 1847, p. 262.

Scarini A., In Le Pievi Romaniche del Casentino, Cortona, 1977, pp. 12-15.

Ughelli F., Italia Sacra. De Episcopis Italiae. Tomo III, Venezia MCCXVIII, p.20.
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