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San Giuliano a Settimo
 
 
(di Giuseppe Bologni)

Nella Bibliothecae Sanctorum sono annoverati cinquanta San Giuliani, 31 martiri, 8 vescovi, monaci, eremiti, un confessore e un San Giuliano ospedaliere, inconsapevole matricida e parricida. In questa schiera di Santi non è facile riconoscere il San Giuliano titolare e patrono della chiesa della Pieve a Settimo.
A complicare la ricerca è la famosa narrazione, molto diffusa nel Medioevo, di San Giuliano ospedaliere. Questo santo, storicamente non esistito, fu spesso confuso con santi omonimi, Giuliano e Basilissa, Giuliano di Le Mans, Giuliano di Brioude e Giuliano da Rimini.

In una sintesi di relazione presentata nell’assemblea parrocchiale di Pieve a Settimo il 30 novembre 2001, San Giuliano ospedaliere veniva identificato titolare e patrono della Pieve con San Giuliano e Basilissa di Antioca. (La località Antioca non è da accettare, perché si tratta di  Antinoe in Egitto, probabilmente generò l’equivoco l’abbreviazione di Ant. nella passio greca nel corso della traduzione in latino). In questa sintesi vi sono errori di attribuzione e di tempo. San Giuliano e Basilissa sono vissuti alla fine del III secolo, mentre la storia di San Giuliano ospedaliere ebbe origine nel XII secolo. I dati biografici di San Giuliano ospedaliere sono puramente leggendari. La leggenda alla sua comparsa entusiasmò il popolo, ebbe successivamente varie modifiche. Jacopo da Varagine[1] al capitolo XXX della Leggenda Aurea descrive Giuliano che inconsapevolmente uccise il padre e la madre. Un cervo durante una caccia predisse a Giuliano che avrebbe ucciso il padre e la madre. Giuliano sbigottito, affinché non si avverasse quello che il cervo aveva predetto, lasciò tutti i suoi averi e si allontanò da casa. Giunse al castello di un principe dove si distinse nei servizi, tantoché il principe lo fece cavaliere e gli diede la castellana in sposa con il castello in dote. I genitori di Giuliano si misero in cerca del figlio perduto e una sera giunsero al castello del quale Giuliano era diventato signore. La moglie di Giuliano, quando comprese che i nuovi arrivati erano il padre e la madre del marito, in assenza di lui, li fece coricare nel proprio letto e la mattina seguente andò alla chiesa. Contemporaneamente Giuliano tornò e si avviò nella camera per svegliare la moglie. Vedendo nel suo letto dormire due persone, pensò all’adulterio della sposa, estrasse la spada e li trafisse. Di ritorno dalla chiesa la moglie disse al marito di aver messo nel proprio letto i suoi stanchi genitori. Giuliano si ricordò allora quello che il cervo gli aveva predetto, pianse amaramente. Lasciò il castello seguito dalla fedele sposa e fondò un ospizio in vicinanza di un fiume per ospitare i pellegrini, i malati e si mise a traghettare da una sponda all’altra i viandanti.

Dopo molto tempo verso mezzanotte, Giuliano, mentre molto stanco stava riposando, udì una voce che si lamentava e implorava che fosse traghettato all’altra sponda del fiume. Giuliano, udendo ciò, si alzò e vedendo il supplicante che veniva meno dal freddo lo condusse in casa. Immediatamente accese il fuoco per riscaldarlo, ma non riuscendo a rianimarlo e temendo che morisse per il gelo, lo mise nel suo letto e bene lo coprì. Dopo poco l’uomo soccorso che sembrava anche lebbroso si alzò e disse: «O Giuliano, il Signore mi mandò a te per dirti che Egli ha accettato la tua penitenza e ambedue dopo poco tempo dormirete in pace». Detto questo sparì.

Nella leggenda riportata da Jacopo da Varagine non è citato né il tempo né il luogo di origine di San Giuliano ospedaliere.

Varie edizioni ci sono della leggenda di San Giuliano ospedaliere. Alcuni agiografi pongono l’origine della leggenda in Spagna, altri in Francia (Le Mans, Anjou), altri in Belgio (Oth) e infine in Italia (Napoli).

L’inconsapevole parricida e matricida, riconosciuto il suo crimine, si sarebbe recato a Roma per essere assolto. Presso le rive del fiume Gardon, in Provenza o presso quelle del fiume Potenza in località Isola nelle vicinanze di Macerata, avrebbe costruito un ospedale per pellegrini.

Nel Messale di Aquileia del 1539 al 29 gennaio si nota un passaggio dal culto privato di San Giuliano a quello pubblico. Le date delle sue feste sono il 13 gennaio, il 12 febbraio, il 31 marzo e il 31 agosto, ma non sono scritte in nessun martirologio.

La leggenda di Giuliano ospedaliere é tramandata anche nell’arte; in Belgio è raffigurata in un gruppo ligneo del secolo XV nella cappella di San Giuliano a Bossoit –sur- Haine, in Francia sulle vetrate del secolo XIII della cattedrale di Chartres, in Italia sugli affreschi del secolo XIV del duomo di Trento e del XV secolo del palazzo comunale di Assisi.

Il racconto di Giuliano parricida e matricida nel Quattrocento, secondo il Bargellini, trovò un illustre propagatore in Sant’Antonino arcivescovo di Firenze. San Giuliano ospedaliere è reputato protettore, oltre delle città di Gand e di Macerata, dei viandanti, dei barcaioli e degli albergatori. Viene invocato da chi intraprende un viaggio per ovviare tristi incontri e per trovare un buon albergo per sostare. Quando grande abbia avuto credito la protezione di San Giuliano si rileva anche dalla II novella della II giornata del Decamerone «… chi non ha detto il paternostro a San Giuliano, spesse volte, ancora che abbia un buon letto, alberga male» e Rinaldo d’Est, a colui che gli domandava quale orazione recitasse quando camminava, rispondeva che quando la mattina usciva dall’albergo e iniziava un viaggio era solito dire un paternostro e un’avemaria per l’anima del padre e della madre di San Giuliano, dopo pregava Dio e San Giuliano per non incontrare pericoli e trovare un buon albergo per la notte. Il paternostro di San Giuliano è ricordato, con significato equivoco, anche nella XXXII novella del Sacchetti.

Il Pater noster di San Giuliano è tuttora mantenuto nella tradizione orale in diverse località italiane e europee.

Molti poemetti popolari furono ispirati dalla Leggenda di San Giuliano, dalla quale il Flaubert adattò letteralmente uno dei suoi tre racconti, Trois contes.

Secondo il Bargellini l’origine della leggenda di San Giuliano ospedaliere è da mettersi in rapporto con il San Giuliano, unico segnato nel calendario, festeggiato il 9 gennaio, che con la moglie Basilissa visse nel III secolo ad Antinoe in Egitto. La passio di San Giuliano e Basilissa, scritta nel VII secolo, non fu pubblicata. Tuttavia comparvero molte traduzioni in latino con vari rimaneggiamenti che permisero di conoscere l’agiografia di questi martiri. Giuliano ebbe in gioventù una educazione raffinata e conobbe quello che allora era umanamente da conoscere. A diciotto anni i suoi genitori vollero che si sposasse contro la sua volontà; in segreto voleva mantenere la verginità. Convinse la sposa Basilissa, che in greco significa “principessa” di vivere in castità senza consumare il matrimonio. Dopo la morte dei genitori, Giuliano e Basilissa fondarono un ospizio per gli uomini ammalati e uno per le donne, prodigandosi con zelo nell’esercizio delle virtù. L’attività caritativa, piena di spiritualità per i due sposi, generò nel Medioevo una confusione con la storia di San Giuliano ospedaliere.

Il racconto agiografico continua con la persecuzione di Diocleziano e Massimiano. Basilissa e le sue compagne morirono insieme avvolte dal mistero. Giuliano fu denunciato, catturato e condotto in tribunale dal preside Marciano. Dopo essere stato sottoposto a interrogatorio e alla fustigazione fu carcerato. Convertì Celso e Marcionilla figlio e moglie del preside. Si convertirono venti soldati e sette fratelli, tutti furono battezzati dal presbitero Antonino. Si aggiunse a loro anche il neofita Anastasio. Dopo aver subito una lunga serie di tormenti furono tutti decapitati verso l’anno 304.

San Giuliano e Basilissa e i loro compagni martiri sono ignorati nei calendari copti e nel Sinassario Alessandrino; il Martirologio Gerominiano li commemora il 6 gennaio e il 21 giugno, nei Sinasseri Bizantini la loro memoria ricorre l’8 e il 21 giugno, il Martirologio Romano, segue Adone, fa la loro memoria il 9 gennaio, nel calendario marmorio di Napoli (sec. IX) sono iscritti al 7 gennaio.

Prima di parlare del titolare della chiesa di Pieve a Settimo, di proposito, ho voluto rievocare la storia leggendaria di San Giuliano ospedaliere, santo storicamente non esistito e da alcuni questa storia interpretata con quella di San Giuliano e Basilissa, per non incorrere nelle illusioni della fantasia popolare.

Per il nostro scopo ci viene in aiuto il cancelliere della curia vescovile fiorentina, Santoni, che nel 1847 documentava la presenza di una reliquia nella chiesa di Pieve a Settimo: «Di più esiste la reliquia di San Giuliano confessore che si espone il 31 agosto di ciascun anno … Fu consacrata da Mons. Martini nel 31 agosto 1797, e se ne fa la memoria lì 2 maggio».

Nella Bibiothecae Sanctorum un San Giuliano confessore è identificato con San Giuliano da Padova, a questo dobbiamo riferirsi. Il corpo di questo Santo, insieme a quello di tre Santi Innocenti, di San Massimo e di Santa Felicita, secondo l’Inventio di S. Maximi (BHL, III, p. 855, n. 5851), furono dal Vescovo di Padova Bernardo Maltraversi (1048-1057), esortato in sogno, riesumati da dove erano sepolti in un’unica arca occultata nella Cappella di San Prosdocimo in Santa Giustina. Il rinvenimento sarebbe avvenuto il 2 agosto 1053, quando in Padova si trovava il papa Leone IX, santo, di ritorno dall’Ungheria[2], il quale avrebbe riconosciuto e approvato in quella circostanza il culto dei sei santi e avrebbe annullato le riprovazioni ufficiali in cui la città era in corsa.

Sull’arca si leggeva questa iscrizione:

HIC CONDITUS EST JULIANUS VIR XPSTIANISSUMUS QUI CUM MULTIS VICIBUS A SEPULCRO DOMINI REVERSUS EST ET TANDEM TRES INNOCENTES SECUS DETULISSET, PEREXIT AD XPSTUM QUAPROPTER IN UNUM COLLOCATI. HIC REQUIESCUNT.



Qui è sepolto Giuliano uomo cristianissimo, il quale con molte vicende è tornato dal sepolcro del Signore di là riportò tre innocenti, proseguì per Cristo. Perciò furono collocati in unico sepolcro.



Alcuni storici posteriori ritengono Giuliano di ceto nobile, che più volte sarebbe andato pellegrino in Palestina e al ritorno avrebbe portato con sé i corpi di tre bambini innocenti di Betlemme, vittime dell’ira di Erode. Non è certo il tempo in cui sia vissuto, probabilmente durante le invasioni barbariche o al momento della distruzione di Padova (602) per azione dei Longobardi di Agilulfo. In seguito a queste vicende, affinché i corpi di San Giuliano e dei Santi Innocenti, di San Massimo, di San Felicita e di altri Santi locali non fossero profanati furono nascosti sotto il pavimento della cappella di San Prosdocimo in Santa Giustina. L’Invetio di San Danielis levitae nella redazione di Fancesco Donoctis benedettino a S. Giustina (BHL I, p. 316, n. 2090), a meno un secolo dopo, testimonia il ritrovamento e il culto di San Giuliano e degli altri con lui sepolti.

I corpi di San Giuliano e dei Santi Innocenti posti poi nella cripta della vecchia basilica, il 14 marzo 1562 furono traslati nella nuova basilica, il primo nella sesta cappella, entrando, della navata sinistra in un’urna marmoria sostenuta da due angeli, raffigurato tra gli apostoli Andrea e Matteo, i secondi nella sesta cappella, entrando, della navata destra in un’urna marmoria dove lo scultore Giovanni Comino scolpì Rachele con un bambino in braccio e un altro morto ai suoi piedi.

Dopo aver dato uno sguardo a tutti i Santi con il nome di Giuliano, mi è parso opportuno soffermarmi su San Giuliano da Padova, perché è il solo santo nella Bibiothecae Sanctorum con l’attributo di confessore e perché il Santoni documenta la consacrazione nel 1797 della reliquia di San Giuliano confessore da parte di monsignor Martini, allora arcivescovo di Firenze. Non si può disconoscere l’autorità di monsignor Martini, il quale, se si mosse a consacrare la suddetta reliquia, avrà creduto che appartenesse verosimilmente al titolare della Pieve a Settimo. Inoltre a favore della mia opinione è l’affresco, da poco rimesso in luce, che Cosimo Ulivelli dipinse nel 1655 sulla tribuna della chiesa di Pieve a Settimo, in un particolare si vede San Giuliano pellegrino che a destra stringe nella mano il bordone e, sempre dallo stesso lato, due santi bambini che si rivolgono verso lui, mentre un terzo è scomparso per il deterioramento della pittura.

Con questa mia ricerca, non scevra di difficoltà, ho creduto di aver portato un po’ di chiarezza sulla conoscenza di San Giuliano titolare e protettore della Pieve a Settimo. Spero che altri vorranno continuare questo lavoro per portare un ulteriore contributo.

Giuseppe Bologni

NOTE


[1] Jacopo da Varazze (Jacopo de Voragine). Agiografo, nato a Varazze (Genova) intorno al 1228-1229 morto a Genova il 14 luglio 1298. Entrò nell’Ordine dei frati predicatori di San Domenico nel 1244. Dopo un rifiuto, fu costretto ad accettare nel 1292 la sede Vescovile di Genova. La sua Legenda Sanctorum detta anche Legenda Aurea dette popolarità al suo nome, fu tradotta in varie lingue e fu una lezione di edificazione in tutto il mondo cristiano.

[2] Secondo Jreneo Daniele il papa Leone IX in realtà si trovava in Padova l’anno prima 1052, quando era di passaggio per andare in Ungheria.





Bibliografia

Bibiothecae Sanctorum, vol. VI, dell’Istituto Giovanni XXIII della Pontificia Università Lateranense, pp. 12-19-23. Grottaferrata di Roma 1965.



Bargellini P., I Santi del giorno, p. 17, Firenze 1965.



Flaubert G., Tre racconti, pp. 52-88, Torino 1981.



Jacopo da Voragine, Leggenda Aurea, vol. II, pp. 280-82, Pistoia 1924.



Pieve e canonica di San Giuliano a Settimo, Sintesi della storia in una pagina. Relazione presentata nell’Assemblea parrocchiale del 30 novembre 2001.



Sacchetti F., Delle Novelle, Novella XXXIII, Firenze 1724.



Santoni L., Raccolta di Notizie Storiche, riguardanti le chiese dell’Arcidiocesi di Firenze, p. 262. Firenze 1847.
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